Critiche alla riforma fiscale del 2015 in materia di imposta sulle società in Spagna

A seguito della Riforma fiscale del 2015, avvenuta mediante l’approvazione e successiva entrata in vigore della Legge n º 27 del 2014, hanno avuto luogo cambi significativi soprattutto in relazione con l’imposta sul reddito delle Società e delle persone fisiche.

Parte del settore finanziario e contabile spagnolo ritiene che le recenti modifiche in materia d’Imposta sul Reddito delle Società agevolino le grandi imprese a discapito delle piccole e medie imprese (PMI).

Difatti, le micro imprese spagnole, che rappresentano circa l’80 % del tessuto imprenditoriale spagnolo, non potranno più beneficiarsi dell’aliquota d’imposta ridotta relativa al mantenimento o alla creazione di posti di lavoro, come conseguenza della sua soppressione (fino al 2015 era applicabile  l’aliquota del 20% a quelle PMI con un fatturato netto inferiore ai 5 milioni di euro e con meno di 25 dipendenti) . La riforma ha elevato il valore dell’imposizione fiscale delle PMI dal 20%, al quale erano sottoposte anteriormente, al 25% attuale. Al contrario, l’aliquota d’imposta generale riguardante le grandi imprese è stata ridotta, a partire dal 2016, dal 30% al 25%.

Questa modifica rappresenta un esempio di come le piccole e medie imprese (PMI) siano le principali penalizzate dalla nuova Legge (le PMI che fino al 2014 avrebbero pagato 10.000 euro di IS su un beneficio di 50.000, oggi potrebbero arrivare a pagarne 12.500).

Oltretutto, la legge nº27 del 2014 ha fissato una serie di misure che incidono direttamente sulle piccole e medie imprese. Tra queste assume maggiore rilevanza la cd. riserva di capitalizzazione, che permette alle imprese che abbiano incrementato i fondi propri, di ridurre il 10% del valore di tale incremento sulla base imponibile dell’imposta delle Società, a condizione che l’incremento subito venga mantenuto per 5 anni.

Tuttavia, la nuova riduzione, pur se positiva, non supplisce l’eliminazione di quelle misure fiscali che incentivavano gli investimenti imprenditoriali, come ad esempio la deduzione per ri-inversione di benefici straordinari o la deduzione per investimento di benefici, che venivano anteriormente applicata alle PMI. Un’altra misura che colpisce direttamente le PMI di dimensioni più ridotte è la soppressione del limite temporale per la compensazione delle basi imponibili negative, che hanno un limite quantitativo del 70%. Una buona notizia quest’ultima che, per il settore finanziario-contabile, potrebbe altresì trasformarsi in un inconveniente dovuto all’ampliamento del termine a 10 anni attribuito al fisco per verificare le basi, quote, deduzioni applicate e la contabilità delle imprese. Questa dilatazione del termine suppone oltretutto un incremento delle probabilità dell’avvio di un’ispezione finanziaria da parte del fisco.

Infine, l’ultima critica alla Riforma del 2015 concerne il limite imposto per le deduzioni relative alle spese per l’assistenza a clienti e fornitori (come regalie, cene d’impresa e viaggi aziendali ecc.), poiché incide negativamente sul reddito fiscale delle imprese, riducendo “sproporzionatamente” la spesa inerente alle relazioni pubbliche da queste sostenuta.

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